Storie Canarie con morale e curiose coincidenze

Questa è una storia strana, che si compone di pezzi di puzzle che farò fatica a mettere assieme.
Inizia in un ostello hippy di Las Palmas de Gran Canaria dove, appena entrato, uno strano Gesù Cristo barbone mi abbraccia calorosamente. Ha un accento conosciuto e gli chiedo:
– “De donde eres?”
Mi spara:
– “Mi cuerpo pertenece a el universo.”
Rispondo:
– “Il tuo corpo appartiene all’universo ma il tuo accento è italiano.”
E infatti.
Ma questo era un pezzo di un altro puzzle forse.
Ci sono un paio di ragazzi che si sono fatti a piedi tutte le Canarie e un vecchio nonno dei fiori che parla di non capisco neanche io che cosa. Fatto sta che scopro con sorpresa che in quest’ambiente non mi trovo particolarmente a mio agio: tutti mi paiono un po’ scappati di casa o forse solo storditi, gente che ride senza motivo e che testa la mia capacità di non giudizio. Soprattutto questa nordica allampanata che chiameremo Tina e che continua a fare interventi totalmente fuori luogo.
E questo – ma ancora non lo potevo sapere – è un pezzo di questo puzzle.
Passano le settimane e mi ritrovo a Playa de Tasarte, nel selvaggio West di Gran Canaria, un posto di 4 case, un ristorante che chiude la sera, un bar che apre la sera e neanche un supermercato. Ci finiamo con la promessa di una casetta tutta per noi, accesso illimitato al frigorifero e un pandino scassato a disposizione.
Ma non era vero niente!
Litighiamo a distanza con il proprietario dell’ostello che ci aveva venduto la promessa, non ci arrendiamo, anche se siamo nel mezzo del nulla e non sappiamo dove passare la notte.
Ed ecco che arriva come deus ex machina Tina – proprio quella Tina! – che ci passa il contatto del rastone locale che gestisce, oltre alla sua piantagione di papaye, anche qualche casetta in affitto.
Morale: mai giudicare!
- L’Universo tende a porci sempre di fronte a chi o a cosa giudichiamo.
- Non si sa mai chi o cosa potrebbe venire in nostro aiuto nel momento del bisogno.
Alla fine ci troviamo Tina come vicina di casa. Tina, allampanatissima come da prima percezione, ma alla fine persona gradevole nonostante le sue curiose allucinazioni su uomini che la seguono (a Tasarte non ci sono uomini, non in quel senso lì), sugli assordanti rumori a causa di presunti lavori edili in corso (mai visti, mai sentiti) e sui perisolosissimi branchi di cani di Tasarte. Tina come vicina di casa e i ragazzi dell’ostello come compagni in qualche gradevole serata. Siamo lontani, isolati, fuori dal mondo. Stiamo bene.
Ma tutto passa e anche Tasarte era un passaggio per noi, che avevamo i nostri nomi scritti sul biglietto di un traghetto che ci avrebbe portato a Fuerteventura, per almeno un mese… pensavamo…
A Fuerteventura non ci rimaniamo invece neanche una settimana: impossibile trovare una sistemazione a un prezzo che non sia da vacanza di Natale! Molliamo tutto e prendiamo un biglietto per El Hierro, la più piccola, la più lontana, la più isolata delle isole Canarie!
Passano i giorni e tra un trovare casa per noi e un cercare una soluzione che possa rispondere al nostro nuovo progetto… arriva il giorno d’oggi.
Giorno in cui prendiamo una guagua (bus) che ci porta nella capitale, Villa de Valverde, per incontrare una persona misteriosa che senza fare nomi chiamerò San Francisco.
San Francisco – di cui non sappiamo il vero nome ma solo che indosserà un cappello strano – ci tira invece il pacco! Ci ritroviamo quindi a Valverde senza una specifica ragione. Ma ecco che sulla via del ritorno, proprio 100 metri prima del capolinea della stazione de La Frontera, vediamo di schiena un personaggio avanzare faticosamente per la salita, un personaggio che ci sembra familiare…
“Non sembra la nostra amica quella?”