Un panino chiamato desiderio: il Caseificio Borderi di Siracusa

Non so voi ma io un caseificio che campeggia al primo posto di Tripadvisor tra i migliori ristoranti di una città non lo avevo mai sentito. Ma sarà mai possibile che un posto che promette due fette di pane divise da qualche pomodorino, un paio di strati di colesterolo e qualche latticino affumicato mi surclassi senza pietà un ristorante stellato?
Improbabile.
A meno che il luogo in questione non si chiami Caseificio Borderi.
Eccola qui la vita – un uragano scagliato sui luoghi comuni, un precipizio spalancato sul buonsenso, una pernacchia irriverente lanciata all’orecchio delle aspettative.
Eccola qui la vita – incamminarsi sotto il cielo blu di Ortigia, un giorno qualunque di un maggio qualunque, raggiungere la Piazza del mercato e mettersi in fila per farsi fare un panino dal Signor Andrea.
La maiuscola è d’obbligo per chi usa il coltello come un prestigiatore.
Mentre la fila si allunga sotto il sole impietoso, sul bancone compaiono pomodori, peperoni, foglie di insalata, olive, origano, peperoncini.
Con gesti da samurai Andrea affetta veloce cubetti di bontà arcobaleno che trovano posto tra straccetti di mozzarella affumicata, piogge di ricotte, biscotte e tricotte, fette di provoloni, pecorini e tomini.
Sfidando le leggi di gravità la pila si allunga verso l’alto accogliendo sublimi rappresentanti di quelle condanne culinarie che chiamiamo insaccati, traballa a ogni nuova aggiunta, pende come la torre dello Jenga, si shakera tutta come un frappé ma in qualche modo resiste orgogliosa e quando proprio si capisce che sta per cedere, giusto un attimo prima che imploda su se stessa, Andrea ci schiaffa sopra una seconda fetta di pane, restituendo a quel quadro espressionista che contempliamo estasiati le forme conosciute di un panino.
Sotto i riflettori del Louvre ti dovrebbero mettere, panino mio adorato, altro che nelle oscurità intestinali di qualcuno.
Tu lo guardi e pensi che addentarlo ti provocherà una slogatura della mandibola e una pesantezza di quelle da cenone natalizio – perché i latticini, lo sai, ti si dilatano dentro come un feto – ma poi pensi chissenefrega, è una mattina calda e profumata di maggio, Siracusa è un gioiello, e questa è la Sicilia e se devi cibarti di semini e centrifugati meglio che ti dirigi altrove, che qui c’abbiamo da celebrare.